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lunedì 6 febbraio 2017

Elogio alla (frustrante) indomabilità del Gatto


Di questi tempi è sufficiente navigare distrattamente in internet per capire che proprio loro, questi piccoli felini, ne sono diventati dei protagonisti. Gattini impazzano in ogni dove e spesso vengono utilizzati in modo più o meno ironico per trasmettere sensazioni positive come dolcezza e tenerezza.

Questa rappresentazione, però, non corrisponde del tutto all’idea del gatto nell’immaginario comune, soprattutto se considerato come animale domestico e soprattutto se paragonato all’altro animale domestico per eccellenza, il cane.  Del cane, infatti, sono più note e molto più riconosciute le caratteristiche, mentre il gatto è ancora percepito come in un certo senso distante dall’uomo. I padroni dei cani ne decantano la fedeltà, l'obbedienza (più o meno), l’attaccamento incondizionato e l’empatia verso le proprie emozioni senza contare, ovviamente, quello sguardo che nessun altro animale (e probabilmente nemmeno nessun umano) ti rivolgerà mai. In più, al di là della sfera più affettiva, è innegabile anche l’utilità del cane per l’uomo, basti pensare all’aiuto che offrono nelle attività sociali nel caso, per esempio, del supporto alle persone con disabilità e nelle situazioni critiche, come la ricerca di sopravvissuti nei disastri naturali.

E i gatti invece? Quale padrone di gatto non si è mai trovato a doverlo difendere in questa battaglia, cercando argomentazioni ugualmente valide ma trovandosi presto un po' nel panico perché quelle che vengono in mente riguardo all’utilità, per non parlare riguardo alle dimostrazioni di affetto, sono ben poco convincenti. Quindi, nonostante il loro aspetto pacioso e batuffoloso sia comunque disarmante per i più, tende a prevalere la diffidenza verso la loro essenza più selvatica ed indomabile. I gatti passano per dei ruffiani che, se va bene, “si affezionano alla casa” o al cibo facile; sono quelli che invece di correre via con la coda fra le zampe ti guardano con sufficienza quando li sgridi per qualche disastro che hanno combinato e quelli che non ti darebbero la zampa a comando nemmeno in cambio del più prelibato boccone.

La realtà è che, al di là delle specifiche caratteristiche etologiche dei gatti che possiamo considerare più o meno affini al nostro modo d’essere, il rapporto tra gatto e umano si basa sul tempo. Ciò sembra essere comprovato da un recente studio condotto presso la Oakland University in Michigan, secondo cui i gatti sono in grado di interpretare le emozioni dei propri padroni e, soprattutto, lo imparano progressivamente. Lo studio, il primo di questo genere che ha portato a prove convincenti, consisteva nell’osservazione del comportamento di 12 gatti con i rispettivi padroni prima e con degli estranei poi. In entrambi i casi le persone dovevano mostrare segni di contentezza e di irritazione, in particolare attraverso delle espressioni del volto come il sorriso o la fronte corrucciata. Con i padroni sorridenti, i gatti tendevano ad assumere comportamenti positivi (facendo fusa, strofinandosi o accoccolandosi in braccio) e a passare più tempo in loro compagnia rispetto a quando si trovavano di fronte ad un padrone di cattivo umore. Con gli estranei, invece, i gatti tendevano ad assumere comportamenti positivi nella stessa misura, sia che la persona sorridesse sia che fosse irritata. Quello che lo studio suggerisce, quindi, è che i gatti siano più in sintonia con le emozioni umane di quanto si pensi; insomma, sanno comprendere quando siamo felici e quando no. Non c’è da illudersi, ciò non significa che provino empatia. Tuttavia, dimostra che non sono indifferenti ai nostri stati d’animo e, oltretutto, li sanno distinguere e capire attraverso i nostri gesti, solo che tutto ciò lo imparano man mano che il rapporto con l’umano si approfondisce. Il tempo (e la nostra pazienza), infatti, premia e il fatto che il loro affetto per noi non sia immediato non significa che sia meno solido, tutt'altro.

Tutto sommato, quindi, lo studio sembra offrire una speranza ai padroni di questi schizzinosi, incuranti e indomabili mini-felini: sotto sotto anche loro si interessano a noi.

Il tempo, inoltre, gioca quindi un altro ruolo importante, soprattutto nella comparazione cane-gatto. Se le conclusioni raggiunte in questo studio, infatti, sono innovative per quando riguarda i gatti, per i cani invece quelle caratteristiche sono scontate già da un pezzo e sono, infatti, il cavallo di battaglia dei loro padroni. Il fatto è che i cani sono stati addomesticati molto prima dei gatti. Secondo studi genetici, il processo di addomesticamento dei cani è cominciato circa 30 mila anni fa mentre quello dei gatti circa 10 mila anni fa. Questo significa che l’apparente minor distanza nel rapporto fra cane e uomo rispetto a quello fra gatto e uomo potrebbe essere spiegato con il fatto che il cane ha avuto più tempo per adattarsi a noi umani e al nostro modo di vivere.

Magari, tra qualche migliaio di anni, anche i gatti diventeranno matti quando ci vedranno arrivare, ci guarderanno con dolcezza disinteressata e ci seguiranno appena ci allontaniamo di un passo. Solo che per ora, ancora, non ne hanno voglia.


F.R. - Volontaria Enpa Brescia